Un 2024 nero per chi cerca personale, l'allarme di Confartigianato Veneto

A fine 2024 il mismatch si conferma essere una piaga alla quale dover porre rimedio. Le aziende cercano personale, possibilmente specializzato, ma non si trovano candidati. È un bene per la società che i laureati siano in aumento, anche se la media in Italia è ancora tra le più basse rispetto alla media europea, tuttavia le imprese, soprattutto medio-piccole, ricercano figure con altre competenze, più tecniche e manuali.
Mentre la previsione di nuove assunzioni per il primo trimestre 2025 a livello nazionale è in leggero calo del -0,2%, proprio le micro e piccole imprese invertono il trend con un aumento del +1,7%. Sono i dati di Confartigianato Veneto.
“Se analizziamo le imprese artigiane in particolare, il Veneto è tra le regioni più in sofferenza nella ricerca di personale. Nel 2024 ha registrato la difficoltà di reperimento di manodopera più elevata d’Italia, con il 65,2% rispetto al dato nazionale del 55,2%, con uno scostamento del +13,7 punti percentuali rispetto alla ricerca di personale sul totale imprese. Nel 2023 il Veneto era al terzo posto con una percentuale di difficile reperimento del 60,4%. La situazione è dunque peggiorata” riferisce l'ente.
Sulla base dell’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato su dati Unioncamere-Anpal Excelsior, nel 2024 le entrate nella nostra regione ammontano a 53.620 lavoratori (sia dipendenti, a contratto, collaborazioni) con ben 34.940 lavoratori richiesti ma “introvabili”, ossia di difficile reperimento. La Lombardia si trova all’ottavo posto con una percentuale del 61,2%. Al secondo e terzo posto si posizionano l’Umbria e il Friuli-Venezia Giulia con rispettivamente il 65,1% e il 64,8%.
“È una delle criticità più percepita dalle nostre aziende – spiega il presidente di Confartigianato Imprese Veneto Roberto Boschetto –, soprattutto perché non ci sono soluzioni rapide. E il bisogno è ora. Assistiamo ad un radicale cambiamento di stili di vita e di mentalità, soprattutto nei giovani, che non sono più disposti a rinunciare legittimamente al proprio tempo libero e chiedono una maggiore flessibilità di orario. Il problema è che le aziende possono anche cercare di andare incontro alle loro esigenze, ma i processi di produzione hanno delle regole. Anche nel settore dei servizi molto spesso non si possono conciliare i bisogni e le esigenze dei clienti e dei consumatori con quelle dei lavoratori. E il riorientamento dell'economia verso la transizione verde e digitale potrebbe ampliare il disallineamento qualitativo tra domanda e offerta di lavoro, a meno di un collegamento più efficace tra sistema formativo e mercato del lavoro”.
In realtà nell’arco di tre anni l’occupazione dei giovani in Italia è cresciuta ad un tasso doppio della media europea. Tra il 2021 e il 2024, ultimi dodici mesi a giugno, gli occupati under 35 in Italia sono saliti di quasi mezzo milione (454mila), pari ad un incremento del 9,2%, un tasso doppio rispetto al +4,6% della media UE e superiore al +4,9% della Francia e al +4,5% della Germania. Esiste però un dato da non sottovalutare, ossia che 1 milione 495mila giovani tra i 25 e i 34 anni al secondo trimestre del 2024 sono risultati inattivi.
“La maggior parte delle imprese in Veneto ha adottato almeno una pratica per attirare o mantenere personale, con incrementi salariali, maggiore flessibilità degli orari di lavoro grazie ad un efficacie sistema di contrattazione integrativa regionale, più autonomia sul lavoro in relazione a specifiche competenze o mansioni, o con benefit aziendali – dichiara il presidente Boschetto –. Le imprese artigiane inoltre applicano un sistema di welfare contrattuale incardinato sulla bilateralità, che offre ai lavoratori molteplici prestazioni, anche di carattere sanitario, a cui si aggiungono sempre più frequentemente anche piani di welfare aziendale, che costituiscono un fattore di crescita e sviluppo del settore con evidenti benefici in termini di fidelizzazione dei lavoratori. Chiediamo da tempo, ma senza risposte, che le prestazioni di welfare contrattuale erogate ai lavoratori siano detassate al pari di quelle erogate nell’ambito dei piani di welfare aziendale, così da mettere nelle tasche dei lavoratori dell’artigianato veneto ingenti risorse aggiuntive”.
Il presidente Boschetto inoltre evidenzia che non è un problema relativo al tipo di contratto offerto al lavoratore. “Non troviamo lavoratori qualificati e con competenze specifiche e se anche si attinge dal mercato dei lavoratori stranieri, riscontriamo lo stesso problema di formazione che si aggiunge alla difficoltà della lingua e di convivenza tra diverse etnie e culture – afferma –. Ritengo sia un’emergenza che andrebbe affrontata in un’ottica di politica economico-sociale e sociologica. Assenza di ricambio generazionale, crisi demografica e invecchiamento della popolazione, difficoltà dei mercati, inflazione, inadeguatezza dei percorsi scolastici rispetto al mondo del lavoro, sono tutte cause che andrebbero analizzate insieme per una nuova strategia e riforma del mondo del lavoro”.