Guizzaro (Pd): Sedici Comuni della Bassa senza scuola dell'infanzia statale

edici Comuni della Bassa padovana non hanno una scuola dell'infanzia statale. Da Solesino a Granze, da Stanghella a Boara Pisani, da Vescovana a Tribano, da Anguillara Veneta a Pozzonovo, da Bagnoli di Sopra a San Pietro Viminario, da Agna a Ponso, da Ospedaletto Euganeo a Masi, da Castelbaldo a Casale di Scodosia, le famiglie con bambini dai tre ai sei anni rischiano di doversi rivolgere esclusivamente alle strutture paritarie, con rette mensili tra i 180 e i 200 euro. Una situazione che coinvolge migliaia di residenti e che impatta sul quotidiano dei genitori. Eleonora Guizzaro, candidata del Partito Democratico, sottolinea come il problema riguardi l'intero sistema educativo locale: «Si parla molto di asili nido in questa campagna elettorale, ma se non risolviamo il nodo delle scuole dell'infanzia rischiamo di vanificare ogni sforzo. Il percorso educativo deve essere continuo dai primi mesi di vita».
I dati parlano chiaro: l'istituto comprensivo di Tribano non ha scuole dell'infanzia statali in nessuno dei suoi cinque Comuni. Identica situazione per l'Ic di Solesino-Stanghella che copre quattro municipalità. L'Ic di Ponso ha solo due scuole dell'infanzia statali su quattro Comuni, mentre l'Ic dei Comuni della Sculdascia ne ha solo una su quattro.
Il decreto legislativo 65 del 2017 aveva introdotto un sistema integrato zero-sei anni per superare le disparità territoriali. Otto anni dopo, nella Bassa padovana quella riforma non è ancora a regime. «Chi vive a Monselice o Este può scegliere la statale - osserva Guizzaro -, mentre nei nostri Comuni più piccoli l'unica opzione sono le paritarie, dove presenti».
Per una famiglia con due figli in età prescolare, la spesa annuale per una materna paritaria può raggiungere i quattromila euro. La questione si complica ulteriormente per i bambini con disabilità. Le scuole statali garantiscono insegnanti di sostegno specializzati con rapporti numerici definiti per legge. Nelle paritarie invece il supporto dipende dalle risorse disponibili. «Le famiglie con bambini che necessitano di sostegno si trovano a dover scegliere tra rette maggiorate o rinunciare al supporto necessario», aggiunge la candidata dem.
La provincia di Padova conta 363 scuole dell'infanzia: solo un terzo sono statali, mentre 241 sono paritarie, prevalentemente parrocchiali. A frequentarle sono 15mila bambini, con un costo complessivo per le famiglie che supera i venti milioni annui. Le paritarie svolgono un ruolo essenziale di sussidiarietà dove lo Stato è assente, ma questo non può diventare l'unica soluzione. «Servono interventi concreti - richiede Guizzaro -. Contributi alle famiglie dove mancano le statali e un piano di statalizzazioni progressive. Ci sono Comuni come Casale di Scodosia che ci stanno lavorando».
I dati nazionali confermano il ritardo: nel 2022 solo il 92,7 per cento dei bambini italiani tra i tre e i cinque anni ha frequentato la scuola dell'infanzia, posizionando l'Italia all'undicesimo posto su ventisette paesi Ue. Gli obiettivi europei fissano al 96 per cento la quota di bambini dai tre ai sei anni che dovranno frequentare servizi educativi entro il 2030. La raccomandazione Ue prevede anche un minimo di 25 ore settimanali e il diritto soggettivo all’accesso. Traguardi lontani per un territorio dove sedici Comuni restano privi di offerta pubblica.
La Regione Veneto ha stanziato 53,9 milioni per i servizi educativi zero-sei nel 2024, combinando fondi nazionali e regionali. Risorse che però non colmano il vuoto strutturale in ampie zone della provincia. «Il problema non sono solo i fondi - precisa la candidata -, ma come vengono distribuiti e quali priorità si danno. Non possiamo accettare che l'accesso all'educazione prescolare dipenda dal Comune di residenza o dal reddito familiare». Il paradosso è evidente: mentre si moltiplicano gli investimenti sui nidi per la fascia zero-tre anni, resta scoperto il segmento successivo. Un cortocircuito che rischia di vanificare gli sforzi per garantire continuità educativa. «L'infanzia non è un servizio a domanda individuale - conclude Guizzaro -, è un diritto che va garantito a tutti. Anche la Regione deve fare la sua parte per colmare queste disparità che penalizzano i Comuni più piccoli e le famiglie più fragili».

