Nel 2023 soltanto 30 dei 563 Comuni veneti — il 5,3% — hanno inviato all’Agenzia delle Entrate “segnalazioni qualificate” su casi di evasione o elusione fiscale, come previsto dalla legge. Una scarsa partecipazione che ha fruttato complessivamente poco più di 306mila euro, di cui la metà (153mila euro) è tornata direttamente nelle casse comunali. Il Comune di Verona si è distinto incassando 32.905 euro, seguito da Bussolengo, Venezia e Peschiera del Garda. Al contrario, capoluoghi come Belluno, Treviso e Rovigo non hanno trasmesso alcuna segnalazione.

La CGIA di Mestre, che ha diffuso i dati, denuncia un paradosso: mentre a parole si condanna l’evasione, nei fatti spesso la si ignora. Eppure i Comuni potrebbero “guadagnare” dal contrasto all’illegalità. Ma la realtà è più complessa: molte amministrazioni non hanno personale formato o risorse per condurre le istruttorie richieste, che devono essere precise, documentate e legalmente ineccepibili. In molti casi, inoltre, le (poche) competenze disponibili vengono concentrate sulla riscossione dei tributi locali, lasciando fuori gli ambiti di competenza statale come Irpef, Iva e imposte catastali.

C’è anche un problema di opportunità politica: in alcuni territori, denunciare un’evasione o un abuso edilizio potrebbe significare alienarsi il consenso di parte della popolazione. Così si preferisce chiudere un occhio, anche davanti a case abusive o lavoratori in nero. In Veneto, regione dove l’abusivismo edilizio è contenuto (5,3%, contro una media nazionale del 15,1%), si stimano comunque 162mila lavoratori irregolari. Una massa invisibile e spesso ignorata anche dagli enti locali.

I Comuni potrebbero agire in molteplici ambiti: residenze fittizie, immobili non dichiarati, partite Iva mancanti, beni di lusso incongruenti con i redditi dichiarati. Ma senza formazione, risorse e volontà politica, anche gli strumenti normativi restano lettera morta. E l’evasione continua indisturbata.