Nella Bassa Padovana tornano i cinghiali e devastano il mais. Confartigianato chiede controlli

Tornano i cinghiali e devastano il mais. Nella Bassa Padovana, nella zona delle Vallette, sono decine gli ettari danneggiati dalle incursioni degli animali, dove da poco era stato seminato il cereale. In alcune aziende era già stato seminato una seconda volta, inutilmente: nel giro di una notte tutto è stato spazzolato via.
“Sembra di essere tornati al 2022 e 2023, quando le incursioni degli ungulati erano all’ordine del giorno – spiega Ermes Lopoldo Trevisan, segretario di zona di Este per Confagricoltura Padova -. Un disastro, perché credevamo che il problema fosse in via di soluzione. L’anno scorso, infatti, la popolazione dei cinghiali sembrava sotto controllo, grazie all’utilizzo costante delle altane da parte dei selecontrollori. Le postazioni ci sono ancora, ma a quanto ci risulta non sono così utilizzate o, comunque, l’impegno non basta a ridurre il numero degli animali. Alcune aziende agricole sono state costrette ad assoldare i vigilantes per presidiare i campi durante la notte. Ma si tratta di costi che si aggiungono ai costi crescenti delle materie prime, a fronte di ricavi sempre più risicati. E non sono soluzioni risolutive, perché se i cinghiali si riproducono in maniera massiccia nulla li ferma”.
Giuliano Bonfante, presidente regionale del settore cereali da foraggio di Confagricoltura, è tra i più colpiti dalle scorribande notturne. “Ho seminato il 24 aprile i primi ettari di mais, ma già durante la notte i cinghiali sono entrati e hanno devastato tutto – racconta -. Ho seminato altro mais il 28 aprile e ha fatto la stessa fine. Ora non semino più nulla, perché rischio di buttare soldi in sementi e di non vedere nascere niente. La situazione è disperata. Noi della zona non sappiamo più cosa seminare. Le barbabietole non le piantiamo più, perché i cinghiali ne vanno ghiotti. Potremmo continuare con la rotazione grano-soia, ma il terreno rischia di impoverirsi e comunque gli ungulati vanno anche lì a cercare semi rimasti nel terreno, scavando buche che rischiano di far ribaltare i trattori. Quest’anno, inoltre, c’è una grande richiesta di mais per gli impianti di biogas della zona, con buoni prezzi che consentirebbero di fare reddito e darci un po’ di ossigeno dopo anni di difficoltà. Invece siamo costretti ad alzare bandiera bianca”.
Confagricoltura da anni è impegnata su ogni fronte per risolvere una situazione che rischia di far sparire i seminativi dai campi padovani: lettere, incontri, manifestazioni. “L’anno scorso la polizia provinciale aveva dato il via libera all’utilizzo delle altane ed era stata fatta una selezione importante – riassume Bonfante -. I cinghiali erano quasi spariti, tanto che in luglio i selecontrollori avevano ridotto le uscite, fino a sospenderle. Ma dopo quindici giorni gli animali hanno capito che non c’era più pericolo e sono tornati, ricominciando a riprodursi alla grande: ci sono fotografie aeree dove si vedono mamme con nidiate di dieci cuccioli. Una proliferazione pazzesca, contro la quale servono azioni decise e costanti. Invece le altane sono state quasi abbandonate. E altri sistemi, compresi i chiusini, cioè le gabbie per la cattura, si sono rivelati inefficaci”.
Non ci sono da mettere in conto solo i danni contingenti, ma il bilancio dell’intera annata agraria. Tanto più che i risarcimenti, quando arrivano, sono tardivi e insufficienti. “In questi anni ho ricevuto somme pari al 30% delle perdite. E devo ancora vedere i soldi relativi all’annata 2023 – si abbatte Bonfante -. Mi rifiuto di presentare ancora la richiesta per ottenere briciole. Servono azioni concrete e immediate, se non vogliono che abbandoniamo l’attività. Nella mia via, nel primo decennio del Duemila, il mais era la coltura principale. Oggi si è ridotta del 90%”.