Ospedale di Cittadella: rimossi un tumore del retto e 45 metastasi epatiche con tecnica ALPPS

Un intervento chirurgico di altissima complessità ha segnato un traguardo significativo nella lotta contro i tumori presso l'Ospedale di Cittadella. Un paziente di 45 anni, affetto da carcinoma rettale con ben 45 metastasi epatiche, è stato sottoposto a una procedura innovativa grazie alla tecnica ALPPS (Associating Liver Partition and Portal vein ligation for Staged hepatectomy). Questo approccio, che ha coinvolto un team multidisciplinare, ha permesso di rimuovere il tumore primario e le metastasi, che coinvolgevano circa l’80% del fegato, garantendo al contempo la rigenerazione del fegato residuo.
Un lavoro di squadra multidisciplinare. Il caso è stato gestito con un approccio integrato, che ha visto la collaborazione tra chirurghi, oncologi, radiologi, gastroenterologi e anestesisti, ma anche cardiologi e esperti della gestione delle malattie della coagulazione. Dopo quattro cicli di chemioterapia neoadiuvante, eseguiti sotto la supervisione dei dottori Teodoro Sava e Alberto Morabito, il paziente è stato sottoposto a valutazione dal Gruppo Oncologico Multidisciplinare Gastrointestinale. Data la necessità di asportare una parte significativa del fegato per garantire la radicalità chirurgica, il team ha optato per un intervento in due tempi utilizzando la tecnica ALPPS.
Questa procedura rappresenta una vera e propria rivoluzione nel trattamento chirurgico dei pazienti con metastasi epatiche estese e complesse, quando la quantità di fegato residuo non è sufficiente per far fronte alle necessità dell’organismo, offrendo una soluzione efficace in casi un tempo ritenuti inoperabili.
La tecnica ALPPS: una strategia in due fasi. La procedura ALPPS prevede la separazione del fegato in due segmenti distinti: una parte residua sana, che sarà stimolata per rigenerarsi, e una parte malata contenente la maggior parte del volume epatico. L'intervento è stato pianificato in due fasi chirurgiche principali. Nella prima fase chirurgica si è proceduto alla asportazione del tumore rettale primario con tecnica laparoscopica; la rimozione delle sette metastasi presenti nella porzione residua del fegato, quella destinata alla rigenerazione; l'embolizzazione dei rami portali afferenti al fegato malato attraverso un approccio combinato chirurgico e radiologico; la separazione del fegato malato (circa l’80% del volume epatico) da quello sano mediante una divisione precisa del parenchima, con le tecniche usate nella chirurgia dei trapianti.
"La deprivazione dal sangue portale del fegato malato, che viene mantenuto temporaneamente relativamente funzionale tramite le connessioni delle vene sovraepatiche e il ramo destro dell’arteria epatica, accelera notevolmente la rigenerazione della piccola parte residua del fegato", spiega il dr. Alfonso Recordare, direttore dell'UOC di Chirurgia.
Le criticità tra il primo e il secondo intervento. "Il periodo tra i due interventi rappresenta - continua il dr. Recordare - una fase estremamente delicata che richiede un monitoraggio attento e continuo del paziente. La principale sfida consiste nel garantire che il fegato residuo cresca rapidamente per sostenere le funzioni vitali del corpo, evitando nel contempo complicanze che potrebbero compromettere l’esito finale. Tra le problematiche più frequenti da affrontare ci sono la gestione dell'insufficienza epatica funzionale, il controllo delle infezioni postoperatorie, l'instabilità emodinamica e non ultima la scelta del momento giusto per il secondo intervento. Otto giorni dopo il primo intervento, il fegato residuo aveva già mostrato una crescita significativa. Si è dunque potuto procedere al secondo tempo chirurgico. Ciò ha consentito la rimozione definitiva del lobo malato con le metastasi epatiche residue".
Dopo quindici giorni di degenza, ieri il paziente è stato dimesso: è quindi potuto tornare a casa a trascorrere il Natale con la sua famiglia. “Il successo di questo intervento è il risultato di uno straordinario lavoro di squadra e della determinazione del paziente”, evidenzia il dottor Giudo Di Gregorio, direttore della Terapia Intensiva e del Dipartimento chirurgico. L'uomo sarà seguito dall’Oncologia per il monitoraggio del suo stato di salute, ma il futuro si prospetta pieno di speranza.