4 anni di Covid: i ricordi, Schiavonia, il primo morto e le mascherine a prezzi altissimi VIDEO
Le immagini delle persone all’interno dell’ospedale di Schiavonia. Chiuso, all’improvviso, dopo una tesa riunione alla sede dell’ulss6 Euganea a Padova. Il Covid, un ricordo tanto intenso, vicino nel tempo e nell’animo di tutti noi. 4 anni sono passati dallo scoppio della pandemia. E’ il 21 febbraio del 2020. La prima vittima, Adriano Trevisan, di Vo’ Euganeo. Poi il paese ai piedi dei colli, zona rossa. Scene da film. Con i Carabinieri a controllare i varchi. La paura di un virus sconosciuto, proveniente dalla Cina. Le informazioni contrastanti, all’inizio, non fanno altro che alimentare le fobie, spesso giustificate. Polmoniti interstiziali. C’è chi dice che negli ospedali si fosse notato qualcosa di anomalo anche qualche settimana prima. Difficile stabilire una data di inizio della diffusione del Virus, facile vederne le conseguenze. Morti negli ospedali, ambulanze che girano per le città vuote. Già, perché mentre prima vengono chiuse solo le scuole, poi arriva il lockdown. Lunedì 9 marzo. La gente ascolta l’allora premier Conte alla tv. Tutti in casa. Si esce solo per le prime necessità, per fare la spesa o andare in farmacia. Per strada gli altoparlanti dei mezzi della protezione civile invitano a non uscire. La paura del contagio. E’ caccia alle mascherine. All’inizio arrivano a costare anche 100 Euro alla confezione. Gel per pulirsi le mani. Vestiti gettati subito in lavatrice dopo essere usciti. Il dramma delle famiglie con bimbi piccoli, costretti in casa, cercando un contatto con l’esterno magari dal balcone. Ci sono le chiamate agli amici via skype. E tutto diventa più freddo, senza contatto umano. Ma anche un messaggio sul cellulare acquista un valore diverso. Padova e le altre città del Veneto hanno un aspetto spettrale. Le poche persone in giro si guardano con sospetto, gli occhi, gli sguardi trasmettono emozioni istantanee. Lo slogan saremo migliori, del sacrificio oggi per abbracciarsi domani, e quel domani che sembra non arrivare mai. In tv le opinioni dei virologi. Il caffè d’asporto preso al bar pare un lusso. Si apprezzano i piccoli gesti, le piccole soddisfazioni quotidiane. C’è chi soffre molto la chiusura in casa: anziani ma non solo. Il resto è storia. Una storia che pare assurda. E se guardiamo indietro riviviamo l’incubo e respiriamo profondo, con l’immagine dei cari persi a causa della pandemia che tante domande ha lasciato senza risposta in tutti noi.