Filippo Turetta solo nel ventre del 'Bue rosso', famigerato carcere dei nazisti

Filippo Turetta si trova in stato di arresto i una cella singola nel ventre del “bue rosso”, il carcere Roter Ochse di Halle.
Si tratta di un penitenziario tristemente famoso per la storia doppiamente tetra della Germania est dapprima nazista e poi comunista. Lì dentro si trova il 22enne di Torreglia dopo la fine della sua fuga perchè senza soldi e carburante. Chiuso senza altre persone in una cella perché questo è lo standard in simili situazioni in Germania o almeno ad Halle. Il giovane è infatti rinchiuso nello “Justizvollzugsanstalt” della maggiore città della Sassonia-Anhalt: lo “Jva”, come lo si chiama in ambienti giudiziari dove le parole sono tante e gli acronimi aiutano a convivere con quelle lunghissime tedesche. Ma, soprattutto, come ricorda un memoriale al suo interno e come ha sottolineato oggi a giornalisti il portavoce del Tribunale di prima istanza, per tutti è il Roter Ochse, il bue rosso, appunto.
L’origine del nome della struttura non è chiara ed è presumibilmente legata al colore dei mattoni a vista che oggi erano dilavati da una pioggia fredda e insistente che veniva già da un cielo bassissimo. Ma tragicamente chiaro è il suo passato legato alla giustizia politica di due dittature e fatto di esecuzioni capitali naziste e interrogatori della Stasi, la famigerata polizia segreta della Ddr accusata di torture.
In un altro punto della città natale del compositore barocco Georg Friedrich Haendel, nella luminosità di un Palazzo di giustizia semivuoto ma con così tanti e colorati quadri da sembrare a momenti una galleria d’arte moderna, il viceportavoce dell’Amtsgericht (il Tribunale di Prima istanza) Thomas Puls ha spiegato perché Turetta venga tenuto in una sorta di isolamento: “Non sono il portavoce dello Jva ma presumo che abbia una cella singola, come di consueto”.
Contrasti della storia tedesca prima e dopo il buco nero del secolo breve delle due dittature: musica di Haendel, arte moderna e benessere dei detenuti, passando però per gli oltre 50 anni di orrori del “Bue rosso”. Sotto il nazismo vi furono rinchiusi numerosi tedeschi condannati per motivi politici, prigionieri di guerra e forzati e, dall’autunno del 1942 alla fine della conflitto, vi furono eseguite un totale di 549 condanne a morte inflitte a persone provenienti da 15 Paesi europei e dalla Tunisia. La liberazione dei detenuti da parte delle truppe americane nell’aprile 1945 fu seguita, a partire dall’estate dello stesso anno, da diversi anni di utilizzo del carcere da parte degli occupanti sovietici che vi scatenarono tribunali militari e deportazioni in gulag.
Dal 1950 al 1989, il ministero della Sicurezza di Stato della Germania orientale (Mfs, meglio nota come “Stasi”) lo usò soprattutto come carcere femminile. Il memoriale “Roter Ochse Halle” allestito all’interno nel 1996 è ospitato in una struttura usata per gli interrogatori dalla Stasi. Il Centro dedica le sue mostre permanenti e i suoi progetti di ricerca ed educativi alle vittime della giustizia a sfondo politico dall’avvento del nazismo (1933) alla caduta del Muro di Berlino (1989).