Cronaca di Redazione , 30/08/2023 5:56

Insulti sui social al poliziotto morto, denunciato: finisce a processo per diffamazione

Leonardo Baido e la sua auto dopo l’incidente
Leonardo Baido e la sua auto dopo l’incidente

Un agente della Squadra Mobile perse la vita in un tragico incidente stradale. La vittima è l’ispettore Leonardo Baido, 41 anni, che nel marzo del 2022 tornando a casa, a Teolo, morì nello schianto lungo la bretella della tangenziale che porta in direzione Selvazzano/Saccolongo/Teolo. 
Quando si diffuse la notizia un cittadino straniero, di origini marocchine, sui social scrisse “Spero che facciano la stessa fine anche gli altri tuoi colleghi della squadra mobile” e subito scattò la denuncia del sindacato di polizia Fsp che aveva poi dato mandato all'avvocato Pierilario Troccolo di procedere penalmente nei confronti dell'uomo: “Certe persone non meriterebbero nessuna considerazione se non fosse che l’odio che vomitano anche in occasione di tragedie come questa non possono non avere adeguata risposta - aveva detto Luca Capalbo, segretario provinciale di Fsp -. Parole irripetibili che vogliamo cancellare dalla nostra memoria ma che meritano una giusta punizione”.

Lo straniero nella giornata di ieri, martedì 29 agosto, è stato rinvio a giudizio per il reato di diffamazione. Il processo comincerà il prossimo 14 febbraio prossimo. “Questa sarà da oggi e per il futuro la linea che il sindacato di polizia terrà nei confronti di quanti offendendo il prestigio l’onore od anche solo il ricordo di quei colleghi che quotidianamente si spendono sulle strade ne sviliscono i sacrifici - dichiara Maurizio Ferrara, segretario generale Fsp Veneto -. Significativo infine riteniamo il riconoscimento dei valori ingiustamente violati da parte dello straniero con l’attribuzione al sindacato di polizia del ruolo di parte offesa nel processo nel quale attraverso il proprio legale Fsp si costituirà. E ciò a fianco del compianto valoroso collega che oggi purtroppo non potrà più personalmente difendersi".

Leonardo Baido era nato a San Giorgio delle Petiche e aveva seguito le orme del padre. Prima di tornare a Padova aveva lavorato in Sicilia, a Palermo. Contribuì alla cattura del boss di Cosa Nostra Salvatore Lo Piccolo, latitante da 25 anni, guadagnandosi il primo dei molti riconoscimenti ricevuti in carriera, tra cui la medaglia d’argento al merito di servizio.
A Padova lavorava nell'antidroga e quel fatidico 4 marzo aveva chiesto di poter rientrare a casa perchè non si sentiva bene. Lungo la strada di rientro lo schianto contro un SUV che non gli ha lasciato scampo.