Cronaca di Redazione , 07/11/2022 11:45

Commesse, baristi e camerieri under 35: l'identikit dei nuovi poveri. Il report

Ristoratori veneti in allarme

Precari, part time, soprattutto donne, in particolare giovani lavoratrici e lavoratori del terziario, commesse, bariste, cameriere under 35 che non arrivano a mille euro al mese, spesso nemmeno a 800.
È questo l’identikit dei nuovi poveri, la fotografia che emerge dalla ricerca sullo stato di salute dell’Italia e del terziario realizzata dalla Uiltucs, unione italiana lavoratori del turismo, del commercio e dei servizi, in collaborazione con InNova Studi e Ricerche e Agsg, agenzia generale studi e gestioni, con approfondimenti sui temi economici, socio-demografici e del mercato del lavoro.

Il report rivela che i giovani lavoratori arrivano a fatica a fine mese: uno su tre guadagna meno di 1000 euro al mese, e il 23% anche meno di 780 euro. ll 28% dei lavoratori dipendenti dei settori del turismo, del commercio e dei servizi guadagna meno di 9 euro l’ora (per i giovani, la percentuale sale anche al 38%). Nel comparto, poi, la retribuzione delle donne è inferiore del 25% rispetto a quella degli uomini.

Il report si apre con un’analisi sugli effetti sull’economia e sul lavoro del Covid-19 prima, della guerra in Ucraina e delle conseguenze del conflitto poi. Ma cosa emerge dai dati? Il nostro Paese ha visto sfumare il 9% del Pil e i lavoratori sono stati colpiti duramente, in particolare i più vulnerabili. La diminuzione del valore aggiunto è stata abbastanza uniforme in tutto il Paese, ma è stata più pesante nei servizi (-8,5%). Il valore aggiunto del turismo ha perso il 40,6% del suo valore, passando da 61 a 36 milioni. Nell’ultimo periodo invece il commercio, diminuito dell’8%, è tornato quasi ai livelli pre-Covid in un solo anno.  
In questo scenario, gli analisti internazionali continuano a tagliare le stime di crescita: le previsioni più recenti ipotizzano un aumento del Pil italiano del 3% circa quest’anno e solo dello 0,7-0,9% per il 2023.

L’Italia è a rischio stagflazione, con un’inflazione che si prevede stia raggiungendo il suo apice per poi lentamente calare nei prossimi mesi e un’economia praticamente ferma. E le condizioni dei lavoratori non sono migliorate. I lavoratori del Mezzogiorno percepiscono salari nettamente inferiori rispetto al resto d’Italia. Le ripercussioni più forti le stanno subendo gli occupati con basso titolo di studio e bassa qualifica e quelli impiegati in determinati settori caratterizzati da forte uso del part-time e di contratti stagionali, come turismo, alberghi e ristoranti. Incide molto quindi la discontinuità occupazionale.

A questo si sommano previsioni per il futuro, anche sotto l’aspetto demografico, per niente rosee: l’Italia fra pochi anni perderà una quota importante della sua popolazione, soprattutto quella in età lavorativa tra i 15 e i 64 anni. Fra 20 anni potrebbero esserci circa 6 milioni di lavoratori in meno rispetto a oggi, pari al totale della popolazione che oggi vive in Veneto e Friuli-Venezia Giulia. E ancora una volta il calo sarà più pesante al Sud che nel resto d’Italia, alimentando la questione meridionale. “Il tema dei salari è oggi al centro del dibattito, soprattutto con riferimento al salario minimo – esordisce Paolo Andreanineoeletto segretario generale Uiltucs - Ma la ricerca ci mostra come il vero tema da affrontare è il fatto che i salari in Italia sono praticamente fermi da 30 anni, se non in discesa. Il salario minimo per noi deve coincidere con i minimi contrattuali. E spetta a noi nel rapporto con l’impresa agire per affrontare questo problema e migliorare le condizioni dei nostri lavoratori, attraverso la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale. La politica deve aiutare i rinnovi contrattuali con la detassazione degli aumenti salariali”.

“Oggi il tema dei salari è centrale - afferma Serena Menoncello, direttore di InNova Studi e Ricerche - e va sicuramente inserito nell’agenda, per permettere ai lavoratori e alle famiglie di migliorare le proprie condizioni di vita e, grazie al recupero del potere d’acquisto, alla nostra economia di tornare a crescere. Ma occorre ampliare lo sguardo verso il futuro: cambiamento climatico ed evoluzione demografica possono, in pochi anni, avere effetti pesanti. È importante quindi affrontare questi argomenti il prima possibile e trovare soluzioni tempestive che consentano di approcciarsi al domani con maggiore sicurezza e minori apprensioni”.