Cronaca di Redazione , 21/01/2022 10:17

Spaccio di cocaina e hashish, 21 tunisini indagati. Alcuni si trovano già in carcere VIDEO

Sgominata banda dello spaccio di tunisini, indagini della polizia

21 soggetti, di nazionalità italiana e straniera, tutti residenti e dimoranti in provincia di Padova (nel capoluogo e nei comuni di Abano Terme, Rubano, San Giorgio delle Pertiche e Vigonza) sono stati colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e di obbligo di presentazione quotidiana alla Polizia Giudiziaria disposte dal GIP del Tribunale di Venezia in seguito alle indagini dirette dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia e delegate alla Polizia di Padova. Quattro di questi soggetti si trovavano già in carcere a Padova, Ferrara e Verona, perchè gravemente indiziati a vario titolo di associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti e spaccio.

E’ questo l’esito dell’Operazione “Alpha Dog”. Un’attività di indagine complessa che ha consentito di delineare solide accuse a carico degli indagati, accusati di acquistare con cadenza periodica, anche settimanale, diverse partite di cocaina e hashish poi frazionate e confezionate in singole dosi e vendute ad una vasta e stabile cerchia di clienti (oltre 230 le utenze individuate). 

L’indagine è stata avviata nel novembre 2018 a seguito del ferimento di un tunisino, rapinato e ferito con fendenti da alcuni suoi connazionali in zona “Bassanello”. Questo episodio risultò da subito collegato ad altri analoghi episodi, registratisi lo stesso giorno: un tentato omicidio avvenuto in zona San Carlo all’Arcella e altri due accoltellamenti consumati in piazza Mazzini e poi ancora in via Madonna della Salute, nel quartiere Mortise. L’autore del tentato omicidio venne subito individuato come gli autori della violenta rapina, uno dei quali un noto pregiudicato tunisino, rintracciato dagli agenti della Squadra Mobile in un appartamento di via Viotti a Padova e arrestato dopo essersi opposto con violenza agli stessi agenti, anche con l’uso di armi. La perquisizione del suo appartamento portò al sequestro di sostanza stupefacente, di denaro e di varie armi (alcune bombole spray di gas lacrimogeno, uno storditore elettrico tipo taser, manganelli in ferro e numerosi coltelli e pugnali di varie fogge e dimensioni). 

La gravità dei fatti e gli elementi sino a quel momento acquisiti fecero da subito ipotizzare l’operatività di un gruppo ben organizzato di spacciatori. E’ così emerso come le aggressioni altro non fossero che spedizioni punitive riconducibili a una vera e propria “guerra” in atto tra bande rivali di spacciatori tunisini. Da una parte la “banda” di spacciatori che occupavano la zona di spaccio di San Carlo/Pontevigodarzere/Mortise/Torre e dall’altra parte una “banda” rivale composta anch’essa da giovani spacciatori tunisini che occupavano la zona di spaccio di Prato Della Valle/Bassanello/Guizza.
Grazie alle intercettazioni telefoniche è stato possibile accertare come organizzassero risse munendosi di coltelli, machete e di diverse bombole di gas lacrimogeno, armi si cui si munivano pure durante i “pattugliamenti” della loro “zona di spaccio”. Due sono le violente risse documentate dagli investigatori: una risale al 31 gennaio 2019 in zona Arcella, ed una nel pomeriggio del 7 febbraio 2019 in via Montà, nel corso della quale sono state utilizzate armi ed oggetti atti ad offendere, quali mazze, coltelli, spranghe, bottiglie di vetro e bombole di gas lacrimogeno.

Le attività di indagine, proseguite nella Procura distrettuale Antimafia di Venezia, hanno consentito di ricostruire l’organizzazione di uomini e mezzi approntata, di definire i ruoli dei singoli indagati, di individuare la rete dei clienti, e raccoglie i numerosi ed univoci elementi a conferma dell’esistenza di una vera e propria associazione dedita al traffico di stupefacenti. Gli indagati si sono contraddistinti per l’estrema capacità organizzativa.

Nella nota diffusa dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia si legge come “Gli elementi finora raccolti lasciano ipotizzare che a rivestire il ruolo di promotori, organizzatori nonché capi dell’associazione, siano due fratelli di origini tunisine (uno dei quali, individuato quale leader sino a quel momento, tratto in arresto in relazione al ferimento di uno dei contendenti), i quali hanno nel tempo coinvolto ed inserito anche altri familiari (i propri genitori e fratelli), nonché reclutato numerosi altri associati, alcuni fatti giungere appositamente in Italia dalla Tunisia per collaborare nell’attività di spaccio (fra questi anche un loro fratello, appositamente fatto giungere illegalmente in Italia nell’aprile del 2019 ed istruito sul lavoro da svolgere, seppure non proprio ritenuto all’altezza del compito). A costoro veniva assicurato vitto ed alloggio e in caso di necessità anche l’assistenza legale. Il gruppo – aggiungono – ha peraltro mostrato notevoli capacità espansive, assorbendo altri spacciatori che già gestivano in proprio un pacchetto di clienti e propri canali di approvvigionamento della droga, integrandoli nell’associazione come nuovi “rami d’azienda”. Nel biennio 2018/2019 i suddetti fratelli (nel tempo affiancati e persino provvisoriamente sostituiti dai prossimi congiunti) si sarebbero occupati di acquistare diverse partite di droga, che venivano custodite, suddivise e distribuite dagli altri associati. Di questi controllavano l’operato, impartendo ordini e direttive, e se del caso infliggendo loro anche punizioni corporali o persino estromettendo taluno dall’associazione il cui comportamento era ritenuto inadeguato”.

Ai capi era chiaramente demandato pure il controllo e la gestione dei proventi dei traffici illeciti, destinati in parte all’acquisto di ulteriori partite di droga, in parte alla distribuzione tra gli associati, e la restante parte reinvestita all’estero. Nel corso del 2018 e 2019 è stato accertato che uno degli indagati ha fatto recapitare centinaia di migliaia di euro in Tunisia, in vista del successivo reimpiego nell’acquisto di beni immobili ed attività commerciali. 
Il gruppo predisponeva controlli del territorio per prevenire eventuali problemi costituiti dai controlli delle Forze dell’Ordine e quindi per agevolare l’attività si spaccio, adottando al contempo precise strategie nei rapporti con le bande rivali di spacciatori.

L’indagine ha consentito di contrastare, con diversi arresti, denunce e sequestri di droga (quantitativi variabili dal centinaio di dosi già confezionate e pronte allo spaccio fino ai 300/400 grammi per volta sequestrati a taluno dei sodali in occasione del loro arresto), armi e denaro (ammonta a 32.000 euro il totale dei proventi dell’attività di spaccio sequestrati in occasione dei singoli arresti), interventi che hanno a loro volta dato il via ad altri procedimenti penali, taluni già conclusi con sentenze di condanna.