Attualità di m.p. , 10/03/2025 13:55

VIDEO | "Il violento può essere chiunque": l'intervista ad Elena Cecchettin

Le sue parole «Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto» hanno infiammato le piazze e insieme a «è stato il vostro bravo ragazzo» sono diventate una sorta di manifesto contro la violenza sulle donne. 

«Io speravo che le mie parole avessero un effetto, ma l’ho fatto solo perché pensavo fosse giusto. La narrazione del femminicidio in Italia è sbagliata e non volevo che mia sorella diventasse l’ennesimo caso di cronaca che crea scalpore, poi va nel dimenticatoio perché non si capiscono veramente le ragioni spiega la 25enne. I femminicidi sono la punta dell’iceberg di una società fondata sulla violenza sulle donne. 

Una società che deve cambiare il modo di raccontare non solo i femminicidi, ma anche i rapporti uomo-donna. Per una ragazza è difficile capire, se non ha gli strumenti adatti per farlo. 

Il femminicidio: non un fatto di cronaca nera, non un delitto passionale, ma un delitto di tutta la società. Gli assassini non sono folli criminali, ma figli sani del patriarcato».

Intervistata dal settimanale Grazia, a Vienna, dove studia alla facoltà di Microbiologia, Elena Cecchettin non riesce ad evitare di commuoversi, di tanto in tanto, a poco più di un anno dall’omicidio della sorella Giulia, per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta. 

Dopo la morte di Giulia è cambiato tutto.

«Non sarà più come prima. Giulia era la persona più importante della mia vita. Siamo cresciute insieme. Avevamo solo 22 mesi di differenza. Non metti mai in conto di perdere una sorella più piccola così presto. Una parte di me ci pensa sempre, temo di mancarle di rispetto, non pensando più a lei ogni momento» dice.

«Che non ci sia più non per una malattia, - (com’era già mancata la mamma delle ragazze poco prima dell’omicidio), - non per un incidente, ma a causa di una persona, mi fa salire tutti i dubbi possibili: se quella volta avessi detto, avessi fatto... Continuo a chiedermi: se invece di fare quella facoltà universitaria e conoscere quella persona avesse scelto un altro corso? Se quella sera non fosse uscita? La cosa che fa più male è sapere che stava bene, era giovane, aveva tutta la vita davanti ed è stata privata della possibilità di vivere, dei suoi sogni, della sua famiglia, delle sue amicizie».

Dalla morte della sorella, resta la Fondazione Giulia Cecchettin, creata dalla famiglia per trasformare il dolore in un cambiamento della società.
«Devo riconoscere il grande merito a mio padre Gino, per l’impegno contro le disparità e la violenza di genere, l’aiuto alle donne in difficoltà, ma anche il sostegno alle ragazze nello studio delle materie scientifiche. Vogliamo esserci dove c’è un vuoto istituzionale, ma le istituzioni non possono continuare a lasciare quel vuoto», dice Elena Cecchettin, dalle pagine di “Grazia”…