Attualità di Redazione , 16/09/2024 14:17

Bioplastiche nel rifiuto organico: un progetto per produrre più biogas VIDEO

Il servizio

Correttamente, nel “secchio marrone” sotto il nostro lavello finiscono anche le cosiddette bioplastiche (bicchieri, posate e borse) composte generalmente da acido polilattico (PLA) e amido termoplastico (TPS). Vengono conferite nella frazione organica dei rifiuti solidi urbani e sono destinate alla digestione anaerobica e/o al compostaggio. Si tratta del cosiddetto Sistema Italia che tanti Paesi Europei e non (ad esempio lo stesso sindaco di New York) vorrebbero adottare a stretto giro. Il problema può nascere dal fatto che, nel caso della digestione anaerobica, la loro degradazione può essere lenta e può provocare notevoli problematiche gestionali ai digestori (i fermentatori usati per produrre biogas mediante un processo di “digestione” microbica).

Per questo motivo, i gestori degli impianti sono costretti a “pretrattare” il flusso di rifiuti organici. Questo sopravaglio, materiale che rimane sopra le maglie di separazione, viene destinato a un costoso conferimento in discarica: ad oggi, cioè, non sono ancora disponibili preparati enzimatici o microbiologici per il trattamento e il riciclaggio efficiente delle bioplastiche soprattutto in contesti di digestione anaerobica.

InnoDABio (soluzioni Innovative per ottimizzare la Digestione Anaerobica delle Bioplastiche contenute nella frazione organica dei rifiuti urbani) mira a sviluppare una tecnologia innovativa di digestione anaerobica per convertire in biogas le sempre più crescenti quantità di bioplastica presenti nella frazione organica dei rifiuti solidi urbani. L’articolazione di InnoDABio mira a caratterizzare quali-quantitativamente gli oggetti in bioplastica presenti nei rifiuti urbani, separarli, sviluppare soluzioni enzimatiche innovative per depolimerizzare le bioplastiche end-of-life e consentirne la loro gestione efficiente tramite digestione anaerobica.

Si tratta quindi di un nuovo concept di digestione anaerobica che prevede l’abbinamento di strategie ingegneristiche e biotecnologiche per accelerare l’idrolisi delle bioplastiche, aumentare la resa in biogas negli impianti e ridurre notevolmente i costi di esercizio. Una volta selezionata la tecnologia più efficiente su scala di laboratorio, si svilupperà un prototipo di impianto in continuo per poter testare su scala pilota il processo di conversione del sopravaglio in biogas.

“Il progetto InnoDABio, realizzato in collaborazione con Fondazione Cariverona, Etra Spa e BTS Biogas Srl, è un'iniziativa pionieristica che punta a rivoluzionare la gestione delle bioplastiche nei rifiuti organici urbani. Inserito nell'ambito della Terza Missione dell'Università di Padova, InnoDABio non solo applica concretamente la ricerca scientifica per affrontare sfide ambientali globali, ma promuove anche – sottolinea Monica Fedeli, prorettrice con delega alla Terza missione e rapporti con il territorio dell’Università di Padova – lo sviluppo sostenibile del territorio. Grazie alla stretta collaborazione con partner industriali, il progetto si propone di trasferire conoscenze innovative direttamente alle aziende, contribuendo in modo significativo alla crescita economica e al benessere sociale dei cittadini e delle cittadine”.

“Questa iniziativa dimostra, ancora una volta, come la collaborazione sia la chiave per rispondere alle sfide di oggi - sottolinea Filippo Manfredi, direttore generale di Fondazione Cariverona - Fondazioni, atenei e imprese sono chiamate a unire le forze e a fare squadra per ideare soluzioni innovative, in grado di costruire un futuro sostenibile. Come Fondazione, il nostro ruolo è mettere a disposizione risorse, creare reti di conoscenza e condividere competenze per rendere più rapida ed efficace la transizione verso nuovi modelli di sviluppo. Grazie a una partnership solida e allo sviluppo di tecnologie all’avanguardia, il progetto InnoDABio va esattamente in questa direzione, aprendo la strada a nuove opportunità di crescita a basso impatto ambientale, a vantaggio di tutto il territorio”.

“Nel 2023 ETRA ha colto l’opportunità di collaborare con l’Università di Padova - sottolinea il presidente Flavio Frasson -, per ottimizzare ulteriormente la filiera di trattamento del rifiuto umido. Da gennaio 2024 la nostra multiutility è partner del progetto InnoDABio con UniPD e BTS Biogas. Questo rappresenta un esempio quanto mai significativo di come oggi sia decisivo, per un’azienda come la nostra, investire nell’innovazione. Noi, erogando ogni giorno servizi per i cittadini, le imprese e le nostre comunità, abbiamo nella quotidianità l’ambito primo in cui esprimere il nostro core business. Ma questo richiede una tensione continua al miglioramento, allo sviluppo. Questo è possibile solo investendo in modo deciso e qualificato in ricerca scientifica e costruendo relazioni strategiche con soggetti quali l’Università e realtà come BTS Biogas che fanno della ricerca uno dei propri tratti identitari. Con il progetto InnoDABio riusciamo a mettere in campo risposte innovative e capaci di aprire orizzonti inediti per ottimizzare la digestione anaerobica tutelando l’ambiente”.

“Siamo molto felici di partecipare a questo progetto che ci consentirà di definire metodologie innovative per migliorare il trattamento dei rifiuti organici nonché di mettere a punto, su scala pilota, la tecnologia di digestione più efficiente per la conversione in biogas delle bioplastiche – afferma Franco Lusuriello, CEO di BTS Biogas. – Il know how è il nostro punto di forza, ed è per noi fondamentale partecipare a iniziative che ci consentano di fare passi in avanti in questo senso. A prescindere dai risultati, pensiamo comunque che sia nostra responsabilità contribuire allo sviluppo delle conoscenze scientifiche del settore. Proprio per questo motivo BTS Biogas si occuperà di formare i post-doc sugli aspetti ingegneristici e biologici della digestione anaerobica; metterà a disposizione il laboratorio “METANLAB” per le analisi chimico fisiche dei campioni raccolti nel corso del Progetto, e co-finanzierà in-kind l’allestimento di reattori pilota, grazie alla presenza di una officina meccanica interna alla sede operativa di Affi nel veronese”.

“Le bioplastiche sono la grande alternativa alle plastiche fossili e, in questo settore, l’Italia è all’avanguardia. Una volta a fine vita, InnoDABio si prefigge di ottimizzare la loro gestione in contesti di digestione anaerobica per risolvere le criticità gestionali che numerosi impianti di biogas incontrano ogni giorno a livello nazionale ed internazionale. Grazie al supporto della Fondazione Cariverona, Etra SpA e BTS Biogas, due giovani e brillanti ricercatori (Wessel Myburgh e Lara Facchini) stanno lavorando fianco a fianco con docenti dell’Ateneo patavino ed aziende leader nel campo della digestione anaerobica e del trattamento dell'umido domestico. Si tratta – sottolinea Lorenzo Favaro del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova – di un approccio innovativo per catalizzare l’idrolisi delle bioplastiche nel sopravaglio ed aumentare la resa in biogas degli impianti di digestione anaerobica riducendone notevolmente i costi di esercizio. Negli ultimi cinque anni il gruppo di ricerca Waste to Bioproducts ha aumentato di 17 volte la velocità di depolimerizzazione enzimatica nei confronti di items come borse e posate in bioplastica”.

“Per ottimizzare efficacemente il trattamento del sopravaglio è necessario, tra l’altro, eliminare le frazioni estranee erroneamente conferite nel “secchio marrone” minimizzando, al tempo stesso, le quantità di bioplastiche e residui organici perse con tali frazioni non conformi, in modo da non sprecare nessuna risorsa – conclude Alessandra Lorenzetti del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell'Università di Padova –. Per tale ragione, il gruppo di Polymer Engineering sta sviluppando e ingegnerizzando opportuni metodi di caratterizzazione e separazione”.